Cultura e Nazionalismo

Sentirsi cittadini del mondo, privilegiati tra gli esseri viventi come abitanti del pianeta Terra, sul quale per scelta o per nascita si predilige un certo luogo o paese. Tutti i grandi geni della cultura e dell’arte hanno avuto una visione cosmopolita.

Nazione e cultura di un popolo, due entità che seppur per ragioni storiche sono collegate tra loro non devono necessariamente coesistere. In realtà sono due fattori del tutto diversi e portano nella maggior parte dei casi ad opposte conseguenze. La cultura ha sempre una valenza universale, è superiore alle particolarità e getta come un ponte tra le popolazioni e le epoche anche lontane tra loro. Scaturisce spesso da specifiche condizioni di un determinato momento storico e sociale di un paese o da particolari avvenimenti, ma non certo per congelarsi in questi fattori, al contrario per denunciare, testimoniare o esaltare e trasmettere qualcosa a tutte le generazioni presenti e future.

Il nazionalismo, l’idea di patria sono definizioni astratte che in fondo non servono ad altro che a generare rivalità e guerre. Dovrebbero essere ormai superate. Com’è bello in fondo sentirsi liberi da tali attaccamenti. Io per esempio che ho origini diverse non mi sento in alcun modo legata né a una né all’altra. Sono di madrelingua della nazione di origine e nascita di mia madre ma quasi non la conosco se non attraverso la letteratura. Non ho alcun rapporto né con il paese né con i tedeschi in quanto tali. Mio padre aveva tutt’altre origini, seppur nato in quella nazione di cui ha adottato la lingua; ma già a dieci anni ha dovuto abbandonarla a causa delle persecuzioni naziste. Per noi la dichiarazione di appartenenza ad una nazionalità è sempre stata solo una questione diplomatica senza alcuna relazione con quel che ci sentivamo e con la nostra vita. Durante tutti gli anni della nostra formazione le vere origini non sono mai state rivelate del tutto per non metterci di fronte agli altri in quella condizione speciale che tanto ha funestato la giovinezza di nostro padre. Seppur per noi non più di persecuzione diretta si poteva trattare, tuttavia quella diversità recava in sé intrinseco un interesse di approfondimento, domande e considerazioni, l’essere ritenuti solo tedeschi era pertanto di maggior neutralità e veniva accettato qui in Italia senza richiedere spiegazioni, nonostante l’aspetto di mio padre che nulla aveva a che fare con le fisionomie tedesche e piuttosto richiamava tratti medio-orientali. Il bel paese ed il clima avevano determinato la scelta dei miei genitori e tanto bastava a giustificare la nostra (di noi figli) nascita qui in Italia. (Menomale che siamo nati e risiediamo qui e non in Germania è il nostro pensiero).

La Germania è per noi un paese estraneo al pari di tutti gli altri (abbiamo solo il vantaggio di conoscerne la lingua e questo vale ugualmente per la Svizzera e l’Austria). La lingua tedesca da ragazzini la sentivamo soprattutto come una cosa solo nostra di famiglia, di fatti ci meravigliavamo quando prendevamo il bus o il treno (cosa per noi rara) come facesse l’altra gente, cioè gli italiani: parlavano tra di loro e tutti gli altri potevano sentire quel che dicevano, davanti, dietro … come era possibile parlare liberamente e scherzare in presenza di tanti estranei? Noi potevamo essere quasi sicuri che nessuno ci capisse (il tedesco non è una lingua che si studia di frequente, almeno non lo era allora) e se qualche turista tedesco era presente lo individuavamo subito, se erano molto vicini potevamo ricorrere all’italiano e anche mischiare le due lingue, cosa che tra noi facevamo spesso a seconda della facilità con cui ci venivano le parole o i concetti in una piuttosto che nell’altra. Contrariamente a quel che spesso si pensa ciò non ci creò problemi a scuola nel tenerle completamente separate.

Con le origini di mio padre potevamo sentire una certa fierezza, ma è anch’essa tutta famigliare perché papà era anche il nostro maestro e la nostra guida, ma non certo un legame con il popolo ebraico se non la consapevolezza che avevamo in parte queste origini. Tanto più che nostro padre aveva tagliato di netto i suoi legami degli anni tragici della sua giovinezza laggiù, per sottrarsi alla guerra arabo-israeliana nella quale servì per un periodo come sanitario, ma si rifiutò sempre di impugnare le armi anche solo per le esercitazioni.

Non si doveva per nessuna ragione tornare ad uccidere dopo tutto quello che era stato con la seconda guerra mondiale ed i campi di concentramento. Come potevano ora proprio gli ebrei combattere e sparare a loro volta contro altri esseri umani? Abbandonò tutto prendendo su di sé ogni rischio, attraversò le linee di confine (vi erano non pochi campi minati) e con i soli vestiti addosso lasciò il Kibuz e quella guerra a cui i suoi compagni partecipavano con convinzione e l’esaltazione di difendere il nuovo stato di Israele per avere finalmente una patria in cui presto sarebbe sopraggiunta la pace duratura, cosi pensavano tutti. Una pace illusoria che mai sarebbe potuta arrivare, per molti errori commessi, per quell’incorreggibile errore umano che la pace si possa ottenere attraverso la guerra, per l’incapacità di una svolta drastica nel proprio modo di vedere le cose sempre unilaterale, egli lo sapeva … (di fatto la guerra dura tutt’ora dopo più di mezzo secolo); non potendo convincere alcuno delle sue ragioni, trovandoli ottusi e imperterriti nel perseguire con la violenza i fini proposti, non gli rimase che agire per se stesso e scagionarsi dalle colpe a cui rimanendo sarebbe stato costretto a partecipare e la risoluzione fu totale: meglio la rovina o la morte, che la vita protetta dalla comunità al costo di portare la morte a qualcun’ altro.

Riuscì a tornare in Europa e senza mezzi ricominciare una nuova vita.

Le guerre sono sempre un’assurdità, la colpa non è mai da una parte sola; anche questa dell’Ucraina con la Russia è un gravissimo crimine, non sarebbe mai dovuta incominciare. Arrendersi subito quando i russi minacciarono i confini con il dispiegamento dei loro mezzi militari sarebbe stata la cosa più sensata, quante vite di poveri innocenti avrebbe risparmiato, quanta sofferenza evitato. Alla fine si arriverà forse ad un compromesso accettando le richieste di Putin e allora tutti questi morti perché erano necessari? Le sanzioni economiche e una ribellione pacifica si potevano fare senza la guerra. Solo per dimostrare di aver voluto resistere, per la stupida ambizione di voler salvare l’amor proprio e non darsi subito per vinti? Come poteva una piccola nazione sperare di resistere ad una grande e potente come la Russia? Certamente solo attraverso gli aiuti degli occidentali, dell’America e dell’Europa, su questi pesa la più grande responsabilità delle sofferenze e dei morti, qualunque sarà l’esito finale. Avessero avuto il coraggio di avvertire subito e categoricamente gli Ucraini che sarebbero stati soli e senza aiuti di fronte alla Russia, che mai avrebbero potuto farcela a vincere, forse questi ci avrebbero pensato due volte a resistere. Probabilmente non sarebbero andati incontro ad un certo suicidio. Invece così si aiuta e in modo vigliacco da lontano, lasciando morire altri e fornendo armi che porteranno ancora tanti morti, tutelando la propria sicurezza , convinti di poter sostenere senza rischiare sulla propria pelle e tranquillizzando la coscienza con gli aiuti umanitari ai fuggiaschi. Soluzioni emergenziali e aiuti sempre più necessari e in quantità più massiccia proprio come conseguenza di quel sostegno alla guerra dato con le armi agli ucraini. Sui media si compatisce, si mostra la situazione disperata, si piange, si inveisce contro l’aggressore e non si riconosce che tutto ciò avviene soprattutto per colpa dei governi occidentali. Se una guerra parziale continuava in alcune regioni dell’Ucraina fin dal 2014 come mai non la si condannava? In fondo se si combatteva questa guerra sul suolo Ucraino protratta per tanti anni contro la minoranza filorussa, il governo ucraino ha la colpa primaria (come potevano pretendere che Il governo russo rimanesse sempre solo a guardare senza intervenire? In fondo è la loro stessa mentalità che ha portato alla guerra). Gli stessi ucraini avrebbero dovuto risolvere in modalità pacifica le contese interne, non sono per niente migliori dell’avversario se con la forza vogliono affermare quelli che credono i loro diritti; la differenza sta solo nel fatto che la Russia essendo una nazione molto più grande con tanti più armamenti e forze militari intervenendo provoca enormi conseguenze drammatiche, una cosa che doveva esser chiara fin dall’inizio. Secondo una considerazione staccata dalle reali conseguenze, l’intervento della Russia non è in fondo un crimine tanto più grande di quello già perpetuato per anni dall’Ucraina, gli stessi moventi e lo stesso assurdo procedere. Soltanto agli altri paesi non faceva paura se una relativamente piccola nazione come l’Ucraina combatteva in alcune regioni del territorio che voleva dominare contro minoranze filorusse che pretendevano di staccarsi dal suo governo per tornare sotto la protezione di quello russo, ma tutti si allarmano se una grande potenza come la Russia interviene con il suo grande esercito per porre fine con la forza una volta per tutte al protrarsi per anni di una guerriglia interminabile. Se anche alla fine la Russia di Putin rinunciasse alle sue pretese e si venisse ad un accordo, il crimine dei morti rimarrà ugualmente e non giustificherà la resistenza degli ucraini come azione positiva. Quei risultati che si ottengono come nazione sono così insignificanti di fronte alla tragedia di migliaia di persone.

Da una parte nel mondo si impongono assurde misure contro la libertà individuale delle persone obbligando persino a dei trattamenti sanitari invasivi e con incerte conseguenze, per preservarle (a quanto dichiarato ufficialmente) dal rischio di morte, dall’altro poi si fabbricano e mandano armi per uccidere senza misericordia. E’ molto verosimile che anche le misure di contrasto alla pandemia non siano altro che degli attentati contro la vita umana occultati da false apparenze e solo in futuro si riveleranno completamente. Con la guerra la stessa modalità, in modo solo più cruente, della gestione della pandemia da covid-19. La paura e la conseguente diffusione dei contagi in un crescendo di allarmismi suscitati proprio dai media che ne deploravano le conseguenze aumentandone così gli effetti nefasti sulla popolazione. Gli obblighi imposti per scagionarsi dalle responsabilità, quella necessità di affidarsi alla scienza continuamente ribadita come unico rimedio, e il credere nella scienza presentata quasi come una nuova religione a cui ogni persona civile deve aderire. (Così come una volta si diceva che se non sei un cristiano sei come una bestia, non sei nemmeno un essere umano, di fatti “cristiano” è diventato sinonimo di umano). La Scienza intoccabile che è proprio la causa prima del virus che è stato modificato e adattato all’uomo in laboratorio partendo da uno naturale che mai lo avrebbe contagiato; per quella stessa assurda convinzione che le cose si risolvono con la guerra e le armi: la presunzione umana di poter dominare con la forza. Or opprimendo e uccidendo altri umani, or manipolando e cercando di vincere la natura, illudendosi con il comprendere alcuni suoi meccanismi, di poterla regolare secondo i propri interessi. In entrambi i casi il risultato è e sarà sempre solo sofferenza, morte e distruzione.

Quanto è assurdo il mondo e quanto ciechi sono proprio coloro che dovrebbero vederci chiaro e determinano le sorti dell’umanità!

Comprensibile difendere la propria casa, del terreno di proprietà, ma lasciarli invece distruggere dalle bombe per difendere quell’idea astratta di patria che senso ha? Se questa nostra stessa proprietà viene definita come all’interno di una certa nazione o di un’altra non è in fondo indifferente? Basta che vi possiamo vivere in pace e non oppressi da un governo troppo autoritario. Se un tale governo si instaura con un dittatore, basterebbe che pacificamente nessuno seguisse le sue imposizioni, perché c’è un esercito al suo servizio? Gli eserciti vanno aboliti.

Perché viene inculcata l’idea di appartenenza ad una nazione e come tale bisogna difendere ognuno la propria dall’invadenza delle altre? Se le nazioni non esistessero non servirebbero più eserciti ed armamenti, non ci sarebbero più guerre. Il disarmo totale di tutte le nazioni sarebbe l’unica cosa sensata, se gli armamenti ci sono è naturale che prima o poi una guerra dovrà scoppiare da qualche parte, la sicurezza di tutti i paesi starebbe proprio nel fatto della mancanza di armi; con sassi o bastoni non si potranno mai fare quelle stragi delle bombe e dei carri armati. Tutti quegli investimenti nella produzione degli armamenti per portare morte e distruzione si potrebbero impiegare invece per tante opere positive per il genere umano.

Preservare la cultura, le tradizioni, gli usi e costumi, la lingua di un popolo sono tutt’altra cosa, non servono per questo confini geografici. Si coltivano pacificamente anche all’interno di uno stesso paese: non c’è una grande differenza ad esempio tra i liguri e i siciliani o napoletani; tra i milanesi e i valdostani o altoatesini? Si vive pacificamente e si accettano le differenze perché è stata istituita la consapevolezza che siamo tutti italiani? Allora ugualmente perché non siamo tutti consapevolmente semplicemente abitanti del pianeta terra e ci dedichiamo ai più nobili fini riservati al solo genere umano invece di combatterci a vicenda? Il ridicolo degli scienziati è che poi si cerca la vita nell’universo e si ha la presunzione che ci possa essere un’intesa con eventuali creature extraterrestri, si mandano nel cosmo persino dischi d’oro incisi con ciò che è più rilevante della nostra civiltà, entusiasti come i bambini e intanto non si è nemmeno capaci di intendersi pacificamente con i propri simili che usano una lingua comprensibile per esprimersi e hanno le nostre stesse necessità per vivere. Credere poi che altri esseri evoluti debbano avere la nostra stessa tecnologia da poterla interpretare è così improbabile e mostra quanto è folle la presunzione umana e la cecità riguardo al fatto che questa tecnologia sta portando all’autodistruzione.

Ci si può affezionare ad un luogo “il tetto natio” cantato dai poeti, quello in cui si trascorre l’infanzia, la giovinezza, sì certo. Anche per me a tal riguardo vi è un’affezione qui in Italia dove sono nata e cresciuta per quanto tuttavia non abbia sangue italiano. Se dovessi andare a vivere in un altro paese rimarrebbe per me un legame, un’emozione a tornarvi ed una sensazione quasi di esilio altrove. É facile scambiare questi sentimenti ed identificarli con l’amor di patria che in fondo non sono. Le impressioni dell’infanzia sono le più forti ed indelebili pertanto si crea un legame con il luogo di nascita, ma sovrapporvi l’idea di nazione è in fondo solo un’ideologia politica inculcata. Viene suscitata artificialmente e a tale scopo sono state inventate le bandiere, istituiti riconoscimenti, ricorrenze e celebrazioni. A quale fine? Per creare una collettività che possa unirsi per difendersi da altre collettività che la vogliono sciogliere o disperdere o unire alla propria per ingrandirla, conseguenza del fatto che esistono. Le nazioni ed i governi servono pertanto per rivaleggiare tra loro e fare le guerre.

Governare dovrebbe diventare semplicemente un mestiere e nient’altro. Ci vorrebbe una scuola mondiale di formazione specifica con più sedi nei vari continenti e gli aspiranti politici verranno scelti tra chi supera gli esami ed è ritenuto idoneo come in ogni mestiere di responsabilità. Gli anni in cui poter rimanere in carica saranno determinati e limitati senza possibilità di rielezione consecutiva nello stesso paese. In particolare si potrebbe stabilire la regola che ognuno può far parte del governo di un paese mondiale che non sia quello di appartenenza. Così un italiano ad es. potrà governare in Spagna, Germania, America … ma non in Italia; uno statunitense potrà governare nei paesi d’Europa, Asia, Africa … ma non nel suo. Pertanto non si faranno i propri interessi ma sempre quelli degli altri, non si avranno ambizioni per un certo paese ma si eserciterà semplicemente un mestiere cercando di fare il meglio (altrimenti si viene destituiti se si suscita malcontento nel popolo). Trascorso il mandato in un paese si potrà andare a governare altrove oppure dedicarsi ad altro.

Si eviteranno così tutte le guerre, vi sarà un’equa distribuzione delle ricchezze e fonti energetiche, nessun governo avrà l’ambizione di diventare più potente di altri ed acquistare la supremazia.

Vi ricordate la novella cinese del saggio che racconta di qualcuno che come Dante viene condotto a vedere l’inferno e il paradiso? All’inferno i dannati sono seduti ad una mensa ognuno con un piatto di riso e lunghissime bacchette, tanto lunghe che nessuno riesce a portare il cibo alla propria bocca, regna il caos totale. Il visitatore è disgustato dello spettacolo che danno di sé quei dannati, ma quando giunge in paradiso si meraviglia di trovarvi i beati intorno ad una mensa in tutto identica e con le stesse lunghissime bacchette, eppure regna la più totale calma e compostezza, tutti mangiano tranquillamente perché ognuno con la sua lunga bacchetta imbocca chi ha di fronte.

Pubblicato in Senza categoria.